
Donne e lavoro: che differenze ci sono rispetto agli uomini? Andiamo ancora un po’ in profondità e capiamo perché esistono queste differenze… ve lo siete mai chiesto? Infine, cerchiamo di unire i puntini per individuare cosa potrebbe servire per stare meglio tutti quanti.
Quali differenze ci sono tra donne e uomini nel mondo del lavoro?
I dati ufficiali come quelli dell’ISTAT e dell’INPS ci dicono che ci sono un bel po’ di differenze. In generale possiamo dire che, nonostante siano più istruite degli uomini, le donne lavorano meno, guadagnano meno e occupano meno posti dirigenziali. C’è quindi quel che si dice un gender gap, cioè una differenza tra i generi. Ma vediamo le cose nel dettaglio:
- la prima differenza è quantitativa: in Italia lavora infatti il 20% di donne in meno rispetto agli uomini. Siamo addirittura all’ultimo posto in Europa;
- la seconda è qualitativa, cioè a parità di ruolo, le donne guadagnano circa il 15 % in meno degli uomini; c’è quindi una disparità salariale;
- poi ci sono i contratti: le donne hanno più contratti part-time degli uomini (49,2% contro 27,3%) e solo il 13,5% è assunta a tempo indeterminato;
- qui non possiamo fare un raffronto per ovvi motivi, ma sta di fatto che 1 donna su 5 lascia il lavoro dopo il parto;
- per quanto riguarda i ruoli di potere, solo il 21% delle donne è dirigente, rispetto al 79% degli uomini;
- il 40% delle donne italiane non ha mai chiesto un aumento di stipendio (al di fuori della revisione annuale), rispetto al 32% degli uomini;
- infine, possiamo dire che moltissime donne (il 40%) occupano una posizione che è al di sotto delle loro competenze.

Perché esistono queste differenze?
Eheh domandone. Queste differenze esistono soprattutto per motivi culturali. Per farla breve, ci sono delle idee che stanno alla base della nostra cultura e che influenzano la nostra società.
Quali sono queste idee? Vediamone alcune.
La donna è naturalmente portata per la cura dei figli e della casa. FALSO! Questo è quello che ci hanno fatto credere per un sacco di tempo. Tipo millenni. È vero che molte donne sembrano più adatte degli uomini a gestire i figli e la casa, ma non sono nate così, ci sono diventate! Per esempio perché da piccole hanno ricevuto in regalo i bambolotti e le cucinine, mentre i maschietti le macchinine e i bazooka. o perché insegnamo alle bambine ad “aiutare la mamma” a pulire casa mentre i loro fratellini “aiutano il papà” ad aggiustare la moto. Di esempi ne potremmo fare a centinaia ma il punto è questo: non è un problema di indole naturale ma di educazione. Se regalassimo i bambolotti ai bambini e i bazooka alle bambine sarebbe tutto molto diverso.
L’uomo è naturalmente portato per fare il capofamiglia, per portare i soldi a casa, per ricoprire ruoli importanti al lavoro e nella società. FALSO! Anche qui: chi l’ha detto che sia l’uomo a dover fare soldi, a fare il capo, a ricoprire ruoli importanti? Quest’idea va di pari passo con la precedente e si basa sull’idea che l’uomo, così come la donna, abbiano delle predisposizioni naturali. Ma il problema è che educhiamo i maschietti in un modo e le femminucce in un altro, così i maschietti si convincono che devono fare carriera mentre le femminucce si accontentano di sposare l’uomo giusto e fare figli… Diciamo che per fortuna non è proprio tutto così bianco o nero ma stiamo semplificando così tuuuutto è più chiaro.

Se la donna vuole diventare madre, è giusto che sia lei a sacrificare la propria carriera per crescere i figli. Anche questo ovviamente è falso, e genera quel che si chiama child penalty, cioè il modo in cui la donna, se diventa madre, viene penalizzata. Certo, la donna ha diritto a un congedo durante la gravidanza e l’allattamento, ma una volta che il bebè cresce, sono entrambi i genitori a doversene prendere cura. Sarebbe corretto quindi avere un congedo di maternità e di paternità più equo, per esempio.
In una coppia, l’uomo deve fare più soldi della donna. Anche qui, è falso. L’idea di base è che gli uomini debbano avere la responsabilità economica della casa e del patrimonio comune, ma chi l’ha detto che le donne non sappiano fare i conti? E se molte non si sentono portate è perché non sono state abituate a farlo, né tantomeno a pensarlo. Quest’idea può riguardare le coppie con, e senza figli.
La donna che fa carriera non è una brava mamma. Lo avrete capito ormai: è falso. È giusto che le donne inseguano i propri desideri, sia professionali che di maternità, senza che gli uni annullino gli altri.
Queste non sono le uniche idee che stanno alla base della nostra cultura ma, una volta messe in chiaro queste, le altre saranno più facili da individuare. Si tratta di idee sessiste, cioè si basano sul fatto che il sesso maschile debba prevalere su quello femminile. Ed è proprio su questa prevaricazione che si fonda il patriarcato, cioè la struttura sociale della nostra società. Per avere un mondo del lavoro equilibrato tra donne e uomini dovremmo quindi ribaltare queste idee… per poi passare ai fatti.

Come ottenere la parità di genere nel mondo del lavoro?
Come dicevamo, per avere parità di genere bisognerebbe cambiare prima il modo di pensare, e poi di agire.
Le idee che abbiamo elencato diffondono stereotipi che non fanno bene a nessuno: né agli uomini e né alle donne.
Prima abbiamo parlato delle disparità femminili… ma gli uomini non se la passano poi così bene. Non tutti gli uomini, per esempio, vogliono avere il carico di responsabilità che la società impone loro. Alcuni vorrebbero occuparsi più dei figli o della casa… È quindi possibile che si sentano stressati, frustrati, in gabbia.
Inoltre, c’è da dire che queste idee sessiste e patriarcali appartengono alle donne così come agli uomini. Spesso sono infatti le datrici di lavoro, così come le lavoratrici ad avere idee sessiste, magari senza rendersene conto. Molte donne comunque nel mondo professionale si sentono insicure, maldestre, in colpa. Spesso accettano uno stipendio basso o sacrificano la propria carriera per stare coi figli. O dicono di essere direttori invece che direttrici, ministri invece che ministre, avvocati invece che avvocate, contribuendo a legittimare l’idea che, al maschile, il ruolo sia più importante che al femminile.
Cambiando il nostro modo di pensare possiamo quindi evitare la discriminazione e l’autodiscriminazione.
Basterebbe ribaltare le idee che abbiamo elencato prima, che quindi si trasformerebbero così:
- l’uomo può essere portato per la cura della casa e dei figli;
- la donna può essere capofamiglia, portare i soldi a casa, ricoprire ruoli importanti nel lavoro e nella società;
- se la donna vuole diventare madre, le istituzioni devono agevolarle il compito affinché possa condurre una serena vita professionale;
- in una coppia, la donna può fare più soldi dell’uomo;
- se una donna lavora può essere un’ottima mamma; se un uomo lavora può essere un ottimo papà.
- …e tante altre cose fenomenali.

Come avere la parità di genere, nei fatti
Passiamo ora a cosa sarebbe bello fare o pretendere che si faccia, affinché ci sia più parità e meritocrazia nel mondo del lavoro. Nei fatti, insomma, dovrebbero esserci le seguenti cose:
- congedi parentali equi tra donne e uomini, in modo che entrambi abbiano il diritto di scegliere quanto assentarsi dal lavoro per la cura dei figli;
- maggiore presenza di asili nido accessibili, così da non costringere uno dei genitori – le madri – a sacrificare la propria vita per i figli;
- più quote rosa per agevolare l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro (per poi magari eliminarle nel momento in cui si raggiunge la parità).
- corsi di educazione di genere (che stanno alla base dei corsi di educazione affettivo-sessuale di cui si è più parlato), fondamentali per decostruire stereotipi e discriminazioni;
- stipendi per chi fa i lavori di cura, familiari e domestici, così da poter valorizzare quello che le donne fanno gratuitamente ed agevolare così la loro emancipazione rispetto agli uomini.
L’elenco potrebbe continuare… diciamo che se ci fosse questo staremmo già molto meglio!
Le donne, dal canto loro, farebbero bene a fare rete, parlarsi, restare unite, farsi sentire. E allo stesso tempo comunicare con gli uomini e renderli consapevoli di un sistema che non è equo. La partecipazione attiva è importante se si vogliono ottenere dei cambiamenti nelle nostre vite: lavorative e non solo.

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