Vi siete mai chiesti perché i giardini di tutto il mondo sono popolati dai nani da giardino? Potrebbe sembrarci una semplice decorazione, ma l’origine di questa tradizione ha radici ben più antiche e profonde della semplice bellezza estetica.
Visto che finalmente ci avviamo nella bella stagione, abbiamo pensato di raccontarvi, in un modo diverso dal solito, come abbellire i vostri balconi o spazi verdi, partendo da una tradizione secolare.
L’origine dei nani da giardino nell’antica Roma
Con “nani da giardino” intendiamo quelle statuette colorate che riproducono tutte quelle creature mitologiche legate al folklore più naturalistico.
Di solito, noi ce li immaginiamo come figure alte tra i 30 e i 60 centimetri, con cappelli a punta, e dal vestito un po’ bavarese.
La loro origine, però, risale in realtà all’antica Roma: nei giardini delle famiglie più ricche, si usava disseminare piccole statue raffiguranti il dio Priapo, figlio di Venere e Bacco, che proteggeva vigneti, mandrie ed era il simbolo della fertilità.
Siamo abituati a vedere le statue dell’antica Roma con il colore della materia prima, quindi marmo, bronzo o gesso, ma sappiate che anche gli antichi romani le pitturavano, quindi le figure del dio Priapo non erano tanto diverse da quelle nei nostri giardini.
I nani da giardino nel Rinascimento
L’usanza pare non sia mai tramontata ma, con il passare del tempo, le statuette del dio Priapo vennero pian piano associate al folklore rinascimentale. In particolare fu Paracelso, un medico svizzero, a descrivere per la prima volta questa figura come creatura magica. Lui li definì “minuscole figure alte due spanne cui non piace mischiarsi con gli umani”.
Siamo sinceri, a noi questa descrizione ricorda la canzone “noi puffi siam così, siamo tutti blu, puffiamo su per giù, due mele o poco più”. Documenti storici del seicento, però, testimoniano che il commercio e la vendita di queste statuette colorate dalle forme grottesche presero sempre più piede nei giardini della nobiltà svizzera.
Con il passare degli anni, la richiesta di nani da giardino in legno, ceramica e porcellana divenne così elevata che alcune città, come Brienz, divennero il centro nevralgico della loro produzione.
Dalla svizzera la moda arrivò anche in Germania nel settecento, stato ricco di immense distese boschive, come la Foresta Nera, dove le statuette trovarono terreno fertile e si mischiarono alle leggende del paese: si narrava infatti, che i nani fossero i principali lavoratori nelle miniere e nelle fattorie.
Se il tutto vi suona familiare, sappiate che la fiaba dei fratelli Grimm “Biancaneve e i sette nani” pare abbia preso ispirazione da due nobildonne tedesche che abitavano a Lohr, in Bassa Franconia.
La storia dei nani da giardino continua nell’Ottocento
È proprio la Germania, infatti, che si aggiudicò il primato nella loro produzione: a Dresda aprì la fabbrica Baehr & Maresch che riuscì, grazie alla sua bravura, a far sbarcare le statuette dei nani in Francia e Gran Bretagna.
Pensate che questo marchio esiste tutt’oggi. Ora sono diventati una casa d’asta e ospitano opere di artisti da tutto il mondo, anche se il loro marchio di fabbrica rimangono le statuette folkloristiche. Sotto potete vedere lo screen catturato sul loro sito il 4 maggio 2024 nella sezione delle ultime aste concluse.
A diffondere le statuette in Inghilterra, fu Sir Charles Isham: lui acquistò ben ventuno nani in terracotta di cui oggi resta un solo superstite: Lampy, così si chiama, ha su di sé un’assicurazione di un milione di sterline.
L’uomo credeva così fortemente nei suoi nani da giardino che creò per loro un posto incantevole in cui vivere, pieno di ponti, laghetti e casette attrezzate di tutto: era infatti convinto che di notte prendessero vita come riportò accuratamente nel suo libro “Notes on Gnomes” (traduzione: Appunti sugli gnomi).
Alla sua morte le figlie vendettero tutti i nani, anche se qualcuno sostenne che se ne fossero andati da soli, e Lampy fu l’unico ad arrivare fino a noi, vi lasciamo una sua fotografia.
Il ‘900
Dopo il boom dell’Ottocento, la presenza di nani nei giardini subì un forte calo, fino al 1930 anno in cui uscì uno dei primi lungometraggi animati della Disney, “Biancaneve e i sette nani”.
Dato che il film uscì in lingue inglese, fu proprio in Inghilterra che la passione per le statuette colorate tornò a diffondersi, tanto che Tom Major-Ball, padre dell’allora primo ministro britannico John Major, aprì una fabbrica proprio per la loro produzione e divenne famosissimo.
I giorni nostri
Se fino a questo momento le pose dei nani erano per lo più classiche pose da lavoro, all’inizio degli anni ’70, visto anche lo spirito hyppie del tempo, cominciarono a diffondersi atteggiamenti più buffi: dalla classica pipa in bocca fino a pose da macho.
Molti di voi avranno sicuramente visto il film francese “Il favoloso mondo di Amélie“, uscito nel 2002. Nel film la protagonista affida alla sua amica hostess il nano da giardino del padre, e la ragazza lo fotografa in giro per il mondo, spedendo poi le cartoline al padre di Amélie firmate proprio dal nano.
Ecco, se abbiamo sorriso vedendo il film, sappiate che negli anni ’90 questa pratica era ben diffusa: era una vera e propria moda (oggi diremmo challenge da social) portare i propri nani da giardino e fotografarli davanti a monumenti e luoghi storici di tutto il mondo.
Ora che siamo arrivati ai giorni nostri, i nani rappresentano ancora un bell’abbellimento di giardini e balconi. La prossima volta che ne vedrete uno non fuggite via, soffermatevi a osservarlo attentamente… chissà che segreti può rivelarvi!
E se vi siete appassionati al mondo dei nani da giardino, sappiate che esiste una vera e propria figura professionale che li aggiusta: il restauratore di nani da giardino, ve ne abbiamo parlato nel nostro podcast dedicato ai lavori più strani.
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