È possibile che l’hobby di collezionare soldatini ai giorni nostri possa sembrare qualcosa di attempato, vintage, dal gusto un po’ retrò.


Chi, infatti, che non sia già avvezzo al tema, quando sente qualcuno dire che colleziona soldatini, non si immagina già il suo interlocutore chino su file di piccoli fanti e bersaglieri polverosi? Decine di omini di plastica o di piombo conservati su uno scaffale dedicato, o magari riposti con cura in una teca trasparente. Nella peggiore delle ipotesi, dimenticati in una scatola di scarpe.


E può darsi, certamente questa è una delle realtà. Ma solo una, perché il mondo dei soldatini è sfaccettato. Quello che abbiamo appreso, dopo una spedizione – pacifica, s’intende – in questo mondo, è che coi soldatini ci giocano tutti, e il gioco è solo l’ultima delle tappe per un vero collezionista. Non c’è un’età, non c’è un modo, e soprattutto, non c’è un genere. Ce lo ha svelato direttamente Mattia, un ragazzo che si identifica come collezionista di soldatini.

Innanzitutto, facciamo chiarezza

La reale distinzione è tra soldatini, action figures, miniature e figurini.


Nel collezionismo, difatti, con il termine soldatino si fa riferimento, in maniera generale, ad una riproduzione in scala di un combattente. E il combattente in questione può essere di un esercito regolare (e allora sì, stiamo parlando di bersaglieri & co) oppure di un esercito non regolare. Quindi si parla di soldatini anche se si sta portando al fronte un esercito di demoni, di zombie o di draghi marini, comandati da Dei pagani provenienti dall’aldilà. Insomma, roba da considerare banali anche le Crociate comandate da Papa Urbano II.


C’è un ultimo scoglio da superare, però, per passare alle informazioni successive: c’è un materiale particolare di cui devono essere fatti i soldatini da collezione?

“Il materiale non è importante, vale la plastica come il piombo. L’importante è che siano fissi.”


E già, perché questo differenzia i soldatini dagli action figures. Questi ultimi, oltre al fatto che possono anche riguardare personalità non attinenti al mondo del combattimento, sono dotate di arti, o parti, movibili. I soldatini no.


Certo, si tratta sempre di miniature, ma le miniature ricoprono un mondo ancora più vasto. Esse comprendono qualsiasi tipo di riproduzione, come quella della scenografia utilizzata per far combattere gli eserciti dei soldatini, o ancor meglio, dei figurini.


I figurini, difatti, sono i soldatini di plastica, che non sono ancora stati colorati. Quello, come vedremo, è un piacere che spetta al collezionista assaporare.

Un’uniforme unica per ogni esercito

Il fatto che i figurini siano bianchi, o meglio, non colorati, è un dettaglio da non trascurare. Molte volte, soprattutto negli eserciti fantasy, i combattenti arrivano smontati. E quindi, per il collezionista arriva il momento di tirarsi su le maniche e darsi da fare.


“Sulla tecnica migliore si discute ancora: c’è chi dice che sia meglio prima montarli e poi colorarli, c’è chi dice il contrario. Io, personalmente, dato che non sono comunque un gran pittore, preferisco prima montarli, perché se poi pasticcio e uso troppo colore non riesco più a incastrare il pezzo e perdo il soldatino ancora prima di utilizzarlo. Se invece uno con la pittura se la cava meglio, il pezzo non montato è più facile da maneggiare e quindi da dipingere.”


Dopo aver visto alcuni dei figurini dipinti si può capire quanto impegno ci sia dietro la preparazione alla battaglia e quanta dedizione sia necessaria, soprattutto nella colorazione, che può necessitare di interi sabato pomeriggi, a scapito delle/dei fidanzate/i. Dettagli, sfumature, attenzione verso il colore. Come nelle vere battaglie medievali, dove i cavalieri sfoggiavano piume e stemmi, qui l’attitudine non è da meno. Perché, come ci ricorda Mattia, alla fine sul campo si porta il proprio esercito. E lo si deve presentare al meglio. A tal punto che alcuni dei collezionisti si scoprono particolarmente bravi nel dipingere le loro riproduzioni e ne fanno un secondo lavoro.


“C’è chi si fa pagare per colorare un pezzo. Alcuni arrivano anche a chiedere 80 €, tu lo monti e poi loro lo colorano. Certo, sono professionisti, il soldatino viene fuori perfetto. Però non è il tuo e tu non migliori se deleghi il compito ad altri”.


Questo è un passaggio importante: gli eserciti che si formano, sono personali e unici. Ci risulta quindi subito più chiaro il perché l’hobby di collezionare soldatini può diventare una vera e propria passione: in ogni pezzo scelto, comprato, assemblato, colorato e posizionato sul campo c’è un totale coinvolgimento del collezionista, dalla genesi fino alla conclusione, quasi da Pigmalione. Il collezionista fa nascere e si prende cura di ogni combattente, che alla fine sfoggia in battaglia, il momento clou in cui i collezionisti di soldatini si incontrano. Perché non c’è nessuno che sappia capire quanto vale un pezzo del genere quanto un altro collezionista. La battaglia è un momento per intenditori, insomma, che si prendono tutto per loro.

C’è battaglia e battaglia

Le battaglie possono essere di diverso tipo. Giocare a fare la guerra, per dirla in maniera banale, non è un mestiere per tutti, e soprattutto, come abbiamo sottolineato all’inizio, non vuol dire per tutti la stessa cosa.


Alcuni amanti della storia amano riprodurre le battaglie storiche più famose. Così studiano i fatti, arrivano con le proprie truppe, e rievocano passo per passo un momento che non hanno mai potuto vedere con i propri occhi.


Poi ci sono invece alcuni che giocano secondo regole ad hoc, dettate da diverse case e associazioni che promuovono giochi di guerra. Molte sono governate da un dado che funge da destino, poi il resto spetta alla bravura del giocatore e alle truppe.


Come in ogni gioco, è bello se si sfida gente alla propria altezza, più o meno. Ho provato a sfidarmi con uno che è diventato campione italiano, ma non è stato divertente per lui, tantomeno per me. Il momento della battaglia è un momento per ritrovarsi e divertirsi anche, altrimenti non c’è gusto”.


Il discorso non fa una piega: nelle battaglie fantasy, per esempio, ogni soldatino ha un punteggio diverso, e di conseguenza un prezzo diverso, e ha bisogno di più o meno colpi per essere abbattuto. Le case di gioco che ospitano le partite e i giocatori di queste associazioni offrono la scenografia (specifica per ogni tipologia di gioco di riproduzione di guerra, quindi c’è prima da informarsi), che altro non è se non un tavolo da gioco in 3d.


Al resto ci pensa l’immaginazione del collezionista.

La fantasia si fa realtà

Dopo aver montato, dato vita e personalità al proprio soldato, al condottiero non resta che farlo combattere con altri eserciti, dotati anche essi di una propria sfumatura caratteriale. D’altronde, come abbiamo detto, anche loro appartengono ad un altro condottiero che ha “addestrato” i suoi soldati per giorni e giorni.


E qui arriva l’ultima dritta:


Tutti i pezzi prodotti devono essere giocabili, soprattutto nel mondo dei soldatini fantasy. Altrimenti non lo producono.”


Già, perché mentre Mattia racconta di tutte le storie che stanno dietro ad ogni armata, ci svela che ogni casa che produce giochi di quel tipo racconta già una storia dove compaiono diversi personaggi. Si tratta di vicende epiche che hanno una sorte diversa per ogni partita che avviene nel mondo, ma se il personaggio di cui si parla non può essere utilizzato, beh, allora rimane nell’immaginazione dei giocatori. Spetta a loro rievocarlo. E loro non chiedono di meglio che passare una serata diversa immersi in epoche e mondi che poi richiuderanno in una scatola.


Molti ci chiedono perché non giochiamo online, dove sicuramente il mondo virtuale risulta più completo. Io rispondo sempre che è una cosa assolutamente diversa: quando tengo in mano un mio soldato, lo sposto, mi arriva una scarica di adrenalina diversa. Anche il gesto di muovere un pezzo mio, che ho costruito e montato fa la sua parte. E poi ci sono tanti altri fattori: l’immedesimazione di essere davvero qualcuno che sta muovendo un proprio esercito, l’espressione dell’altro, tutto ciò che il campo da gioco evoca. Non è minimamente paragonabile al giocare davanti a uno schermo”.


Non resta quindi che mettersi all’opera, insomma. Buon combattimento.


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Valentina Barzago
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