Anche quest’anno diversi indizi disseminati per la città vi hanno fatto intuire che Carnevale è alle porte. Siete passati davanti ai panifici e avete sentito il profumo inconfondibile delle chiacchere, frittelle o fratte, che dir si voglia. State camminando sul marciapiede e avete notato i coriandoli lasciati da qualche bambino sull’asfalto. Oppure avete ricevuto tra le notifiche dei social o di Whatsapp un invito per una festa in maschera.  

Il Carnevale è per tutti

D’altronde il Carnevale, diciamocelo, è la festa più democratica che ci sia. Religiosa o pagana, per ricchi o per poveri (tanto siete tutti travestiti), per bambini e per adulti. Perché il Carnevale prevede un obiettivo: lasciarsi andare e dedicarsi allo scherzo. E quello, si sa, piace un po’ a tutti. Si dice che il travestimento in sé sia dovuto a una festa in onore alla dea egizia Iside. Una festa annuale particolarmente riuscita, probabilmente la più longeva di tutti i tempi.

Carnevale e teatro italiano

Certo, il Carnevale è ormai usanza ricorrente in moltissime parti del mondo, ma qui in Italia c’è proprio un momento preciso in cui l’arte incontra la festa. Siamo nel Cinquecento, inizia la Commedia dell’arte. Tale tipologia di spettacolo avrà fasti fino alla fine del Settecento. Gli attori non recitavano testi ma li improvvisavano, dato che serviva sempre una varietà continua. Il formato però doveva rimanere lo stesso, cosicché che il pubblico potesse riconoscerlo da subito.

Per questo motivo, le maschere erano fisse, ovverosia i personaggi non cambiavano mai: Arlecchino, Brighella, Balanzone e tanti altri. Ognuno proveniente da una città diversa con un ruolo ben preciso e in linea con gli stereotipi legati all’idea della città di origine. Sul palco si incontrava praticamente tutta Italia. Così si è creata una commedia popolare che si è sigillata nel Carnevale Italiano: uno dei lasciti culturali più preziosi che abbiamo. 

Tradizione e modernità

Questa maschere sono proprio le figure che le maestre fanno colorare ai bambini a scuola nel periodo del Carnevale. E mano a mano che le leggerete, vedrete che le ricorderete anche voi. Non solo: riuscirete a comprendere che le maschere di Carnevale sono peggio di una soap opera di Beautiful!

L’idea di fare una festa in maschera non sembrerà più così obsoleta, anzi, potrebbe rivelarsi divertente e originale!

Milano: Meneghino

Meneghino è il servo che lavora anche la domenica! È la quintessenza di quello che sentiamo sempre dire su Milano. Nel ‘500 molti borghesi, nel tentativo di pavoneggiarsi con la propria classe sociale, assumevano un servo, Domenico, solo per i giorni festivi. Il resto della settimana non potevano permetterselo. Così tutti potevano vedere che c’era un servitore addetto al loro benessere, pronto ad aprirgli la porta della carrozza quando tornavano da messa. O a scaldare l’arrosto ai commensali.

Firenze: Stenterello

Di lui c’è ancora una targhetta a Firenze, sua città Natale, nel Borgo Ognissante al n.4. Stenterello infatti rappresenta il burlone che si esprime nel dialetto fiorentino.

È arguto e burlonem con un naso gigantesco e adunco (vi ricorda per caso il naso di qualcuno di nome Dante?). Senza soldi in tasca, riesce sempre a cavarsela in qualche modo. Il suo vestiario merita di essere menzionato: una calza di un colore, l’altra di un altro, pantaloni corti e panciotto a pois. 

Bergamo: Brighella e Arlecchino

Non si può citare uno senza citare l’altro. Vi chiederete il perché, la spiegazione è semplice. Nella commedia dell’arte i principali protagonisti erano tre: i vecchi, gli innamorati e i servi. Il servo comunemente prendeva il nome di Zanni (da Gianni): a Bergamo per la prima volta la figura del Gianni viene sdoppiata. Nascono così il servo intelligente e arguto, pronto a farla a tutti sotto il naso, e il servo più sciocco ma buono, come Arlecchino. Parlano entrambi il dialetto. Mentre uno fa gli intrighi, quell’altro ci sguazza. Brighella, vestito di bianco con accessori verdi, canta, suona e balla.

Arlecchino invece, se all’inizio era vestito di bianco, subisce un’evoluzione. In Francia tale maschera acquisisce molto successo, da Arlecchino diventa Harlequin, poi Hellequin. Costui però era anche il diavolo che in antiche leggende si diverte a spaventare la gente. Il personaggio è irriverente ma povero: per questo motivo, sul costume bianco compaiono rattoppi colorati. Il colore piano piano prende il sopravvento, Arlecchino diventa da ingenuo a spensierato. Sempre più arguto e con tutte le pezze colorate poi si trova anche la fidanzata. Che viene da un’altra regione, però. 

Venezia: Colombina

Colombina è la fidanzata di Arlecchino. Al servizio della padrona Rosaura, deve stare attenta al suo padrone Pantalone (il ricco vecchio e burbero mercanto veneziano che ci prova con le donne più giovani) e agli altri corteggiatori. Ma lei, diversamente da Arlecchino, sì che ne sa una più del diavolo. Raggirare chiunque col sorriso. Chiedere a Goldoni per credere. 

Bologna: Balanzone

Balanzone è il vecchio uomo di legge. È il personaggio più chiaccherone e ciarliero della commedia. Si esprime con proverbi che nessuno conosce, dal senso ambiguo. E quando proprio non sa cosa dire in italiano, c’è sempre il latino. Al giorno d’oggi non sarebbe corretto fare body shaming, ma Balanzone è grasso. Certo, c’è un motivo. Rappresenta la buona cucina bolognese. Ama mangiare, e non lo nasconde. Veste di nero, magari smagrisce. 

Roma: Rugantino

Rugantino è il servo romano, il nome deriva da ruganza, ovverosia arroganza. Si dice che sia svelto co’ le parole e cor cortello

Servo litigioso e attaccabrighe, è il Brighella romano, ma un po’ bonario e pigro. E ha anche un amico, di cui il nome racconta già tutto, Meo Patacca. L’amico, non perde mai di vista la sua fiaschetta di vino.  

Torino: Gianduja e Giacometta

Questo è il famoso momento in cui vi stupirete (certo, se non abitate nei paraggi) del perché il gianduiotto si chiama così. Gianduja è la maschera dell’uomo per bene, assennato ma distratto. Ingenuo e gentile vive con la moglie Giacometta. Ama il buon vino, la cucina e stare a tavola. I due incarnano la tipica coppia piemontese. Nel 1865 la maschera distribuì a tutti i bambini dei dolci fatti di cacao, zucchero e crema di nocciole delle Langhe: i gianduiotti!

Napoli: Pulcinella

Policinella era il suo vero nome, probabilmente per il tono di voce stridulo. Servo (infatti vestito di bianco) e chiaccherone (il segreto di Pulcinella lo conoscono tutti, no?), imbroglione e morto di fame, è pronto con ogni espediente a fuggire alla prevaricazione dei ricchi. Scaltro e astuto, è svogliato e simpatico proprio per questo: la sua arguzia la usa tutta per recuperare cibo e gozzoviglie. Non perde mai il sorriso, anche se gliene capitano di tutti i colori!

Genova: Capitan Spaventa

Chiamato anche Capitan Fracassa, ha origini liguri. È il soldato sbruffone ma che per la paura non ha mai combinato nulla. Lo sanno già tutti, per cui nessuno gli crede mai. Vuole a tutti i costi fare fortuna, ma viene malmenato ogni volta, seppure il suo aspetto sia quasi piacevole, soprattutto per quel gran cappello con la piuma che porta sempre in testa. 

Siena: Cassandro

Cassandro è una maschera di origine senese che rappresenta la figura del vecchio. Ormai dovrebbe esservi tutto chiaro: padre e marito ben in carne dalla favella fin troppo arguta con una passione per le giovincelle. Per questo motivo, molte volte si pone come antagonista nelle storie d’amore, cosicché i servi giovani non possano sposare le loro fidanzate, oggetto del suo interesse.

Sciacca: Beppe Nappa     

Servo scaltro di origine siciliane, è sempre un passo avanti a tutti. Beffardo ma pigro, ama mangiare, bere e ronzare in cucina. Come tutto gli altri servi scaltri, è capace di cantare suonare e ballare fino all’alba.

Reggio Calabria: Giangurgolo

Gianni Boccalarga o Golapiena è il servo calabrese. Chiaccherone e ingordo, il nome è il suo portabandiera. Nasce per ridere degli eroi solo a parole, vanitosi e millantatori, proprio come erano gli ufficiali spagnoli che nel Cinquecento si erano insediati sul territorio. 

Interessante è il fatto che ancora adesso vi siano detti dialetti che si riferiscono proprio a lui quanto si intende parlare di scherzi.

Ora che ne sapete un po’ di più, potete organizzare delle feste di Carnevale degne di questo nome, non vi rimane che cercare un po’ di materiale su Bakeca.it

Valentina Barzago
Valentina Barzago