
C’è una pandemia di cui non parla nessuno: quella degli errori grammaticali. Ma niente paura: Bakeca è pronta a porgervi la mano!
Tenetevi forte.
Oltre al Covid, esiste un’altra pandemia, ma non se ne parla adeguatamente.
Questo tipo di virus viaggia di bocca in bocca, si annida tra le dita, sulla carta e persino tra i pixel, sui cristalli degli schermi: si dice che le bacheche Facebook siano l’habitat preferito di questo strano tipo di parassita*.
Distanziamento? Tamponi?
No, tutto ciò non basta per debellarlo, perché questo virus resiste all’Amuchina, alle salviettine igienizzanti e persino alla mascherina chirurgica. Anche a quelle lastre in plexiglass che somigliano ai caschi dei Daft Punk!
Non vi siete accorti di nulla? Non c’è nulla che vi suona familiare?
Ora starete sicuramente tutti correndo a lavarvi le mani, perché avrete sentito questo piccolo virus arrampicarsi sul vostro braccio o infettare il vostro computer, ma è bene che sappiate una cosa: questo maledetto bacillo non fa sconti a nessuno. Fatevi un giro sulla vostra home di Facebook e scoprirete il sottobosco in cui questo virus nasce, cresce e (non) muore.
Stiamo parlando del famigerato virus degli errori grammaticali sul web, che colpisce anche gli insospettabili.
Il grande parassita attacca tutti: il salumiere in piazza, che vi conserva sempre la bistecca migliore, quel vostro vecchio compagno di classe che ora si è candidato come assessore, persino quel tizio che dice di aver pubblicato un libro sulla biografia del suo trisnonno e , infine, non risparmia nemmeno vostra suocera (questo un po’ vi fa piacere, però, ammettetelo). Non esiste un’app “Immuni” per questo virus.
Dobbiamo correre ai ripari autonomamente. Ma non abbiate paura: Bakeca è pronta a porgervi la mano (dopo essersela igienizzata accuratamente).
Post, stories e caption? Sì, ma attenzione agli errori!

Post su Facebook, stories in tutte le salse e caption accattivanti sotto le foto di Instagram : sono fondamentali, ormai, se si vuole avere un posto di tutto rispetto nel grande oceano digitale. Come tanti piccoli pesci, nuotiamo tutti in cerca della nostra identità fluida: proprio per questo motivo, dobbiamo stare ben attenti a non abboccare all’amo di un errore grammaticale grande quanto l’Oceano Pacifico.
Altrimenti, cosa penseranno i nostri follower? First reaction, shock!
Commettere errori grammaticali è davvero un autogol; che questo succeda in una storia di Instagram, sotto la foto in cui mostriamo le nostre vacanze al Samsara Beach a Gallipoli, sul profilo Linkedin e persino su Tik Tok, il risultato non cambia di una virgola.
Un errore grammaticale può apportare danni irreversibili alla nostra immagine, e farci perdere molta della credibilità di cui godiamo. Un po’ come dichiarare pubblicamente di credere al rapporto tra vaccini e 5G: saremmo esposti al pubblico ludibrio, e flagellati pubblicamente a suon di screenshot.
Commettere errori grammaticali, al giorno d’oggi, equivale a farci fare una Walk Of Shame virtuale, che la regina Cersei Lannister al confronto sembrerebbe una novellina.
A cosa serve caricare la nostra foto più instagrammabile, quella con la luce giusta e i filtri migliori, in cui sembriamo appena usciti da un resort a cinque stelle e in cui abbiamo la pelle liscia come il marmo di Carrara, se poi sotto scriviamo “se avrei” e “assemblamenti”?
C’è una cosa che dovete sapere: non c’è nulla di più accattivante di un perfetto uso della lingua italiana. Imparate a usare bene la lingua italiana, e non avrete più bisogno nemmeno di Tinder.
Ma quali sono gli errori grammaticali più diffusi sul web?
Scopriamoli insieme: ma, soprattutto, scopriamo come evitarli.
Assemblamenti: è un anno che ascoltiamo “assembramenti” a colazione, pranzo e cena, eppure su ogni bacheca leggiamo puntualmente “assemblamenti”.
Soltanto i Lego si assemblano, non le persone: le persone si assembrano. Ricordiamocelo bene, prima che arrivi Vincenzo De Luca a punirci col lanciafiamme.
Pultroppo: Peggio di una scheggia nell’occhio, di un mignolo che sbatte sullo spigolo o di un ragazzo che ti lascia dicendo “Non sei tu, sono io” c’è solo il maledetto “pultroppo”. Vi prego, fate amicizia con quella “r” e scrivete “purtroppo”.
Se vorrei/ se potrei/ se avrei: Una vera e propria badilata nelle gengive. Cosa vi ha fatto il congiuntivo? Fatelo diventare il vostro migliore amico: è affidabile, preciso e vi dice le cose come stanno.
Certo, non bisogna essere tutti esperti di consecutio temporum e conoscere le opere di Cicerone a memoria, però ricordate che, nel periodo ipotetico della possibilità, bisogna usare il se con il congiuntivo imperfetto e poi il condizionale presente.
Lo trovate difficile o noioso? Ripetetelo ogni mattina davanti allo specchio, dopo aver lavato i denti, proprio come una specie di scioglilingua. E poi, via di collutorio!
Un pò: Allora, qui bisogna prendere tutti una decisione. Via quel maledetto accento, usiamo l’apostrofo. “Po'” vuole l’apostrofo perché è l’abbreviazione della parola “poco”. Ricordate che l’apostrofo è come la canzone “Sere Nere” di Tiziano Ferro: bisogna metterla quando qualcuno o qualcosa va via!
Piuttosto che con valore disgiuntivo: Quando è iniziativa questa brutta moda sui social? Un po’ come il ritorno della moda del marsupio o dei jeans a vita bassa o, peggio ancora, delle giacche pitonate. “Piuttosto che” ha sempre valore avversativo: significa “anziché”, “invece di”.
In nessun caso significa “o” o “oppure”!
Prendiamo ad esempio la frase “Preferisco il gelato al pistacchio piuttosto che al cioccolato”: il significato corretto è quello con valore affermativo (preferisco il gelato al pistacchio e NON quello al cioccolato), anziché quello disgiuntivo (preferisco il gelato al pistacchio oppure quello al cioccolato).
Se al primo appuntamento, il vostro partner dovesse mostrarsi indeciso e dirvi “Preferisco le tagliatelle ai funghi porcini piuttosto che il risotto alla pescatora”, fingete di andare in bagno a rinfrescarvi e poi sparite.
Nell’Iperuranio, per sempre.
Spazi assenti: anche negli stati Facebook di eminenti virologi, politologi e influencer, mancano gli spazi tra una parola e l’altra. Tutto ciò è molto claustrofobico: quando in un testo mancano gli spazi, è come se mancasse il respiro.
Fate respirare i testi, non accatastate il tutto. Altolà al sudore!
Qual’ è: un grande classico, un po’ come il cotechino con le lenticchie a Capodanno. C’è gente che arriva nel mezzo del cammin della propria vita senza sapere che si scrive “Qual è”, anziché “qual’è”.
Il motivo? Rappresenta un troncamento, non un’elisione.
Quell’apostrofo va tolto immediatamente, un po’ come il follow su Instagram a un ex partner. In entrambi i casi, ne guadagnerete in dignità.
Mille puntini di sospensione: Io vorrei………..non vorrei……………ma se vuoi……………
Insomma, siamo a una sfilata di Carnevale? In alcuni post ci sono più puntini di sospensione che coriandoli al Carnevale di Viareggio.
Tre. Ne bastano tre.
Se ne mettete più di tre, l’effetto “boomer” è assicurato. Il prossimo passo sarà una gif glitterata con una tazza di “kaffè” e un “buongiornissimo” incluso nel pacchetto.
Maiuscole assenti: un testo senza maiuscole, specie se state scrivendo un post per ringraziare tutti coloro che vi hanno fatto gli auguri o gli amici che vi hanno “supportato e sopportato”, non ha nulla di innovativo o futurista.
Anzi, è solo fastidioso per gli occhi perché non si capisce quando finisce un periodo e ne inizia un altro.
Si: il “si” senza accento fa un po’ male al cuore. Sì, in quanto particella affermativa, si accenta sempre. Vedere un “sì” senza accento, è come ricevere una stretta di mano debole e poco vigorosa, ed è molto brutto.
Accellerare: sui social si assiste a un profluvio di “l”, come se piovesse. Apriamo tutti l’ombrello e ripariamoci. “Accelerare”, con una “l”, perché proviene dal verbo latino.
E infine, chiudiamo col botto.
Uscire il cane/ uscire il gatto/ uscire qualsiasi cosa: forse uno dei peggiori, se non il peggiore, tra gli errori grammaticali che si leggono sul web. “Uscire” è un verbo intransitivo, non regge il complemento oggetto, quindi non si può uscire nessun animale domestico.
Ma neanche un pezzo di carne dal frigo o un pacco di bastoncini di merluzzo dal freezer.
Si può, però, uscire di casa o uscire con qualcuno.
Certo, uscire di casa o con qualcuno in questo periodo storico non è proprio il massimo, però guardate il positivo: almeno non starete commettendo nessun errore grammaticale!

Rileggetevi queste regole e ripassatele, un po’ come il breviario di Don Abbondio.
Fatele vostre e non abbiate paura: in questo modo, il mondo del web non avrà più segreti per voi. Da oggi in poi, niente più errori grammaticali.
Scrivere bene nella nostra lingua è un po’ come curare il nostro aspetto e gli ultimi dettagli per un colloquio di lavoro: fa parte della nostra immagine e ci regala un sacco di punti in più.
Una corretta conoscenza dell’italiano è sempre una carta a nostro favore.
Perché ci si può affannare all’infinito per risultare interessanti, brillanti e colmi di “carisma e sintomatico mistero”, ma ciò che fa davvero la differenza, spesso, è proprio l’uso sapiente di un congiuntivo.
Provare per credere.
Poi, fateci sapere.

*https://nuovoeutile.it/studenti-non-sanno-italiano/
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