Da quando il Consiglio dei Ministri ha diffuso il primo DPCM a inizio marzo 2020, si sente sempre più parlare di Smart Working o Lavoro Agile: ma, davvero, sappiamo tutti cos’è?

Per comprenderne fino in fondo il significato possiamo affidarci al Politecnico di Milano che, attraverso l’Osservatorio Smart Working, da quasi dieci anni, studia e indaga i fenomeni sociali ed economici che ruotano intorno a questa pratica di business:

“Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici”.

Nonostante sia un argomento divenuto noto durante l’emergenza Covid19, il dibattito sulla buona pratica del Lavoro Smart circola già da tempo nelle camere consiliari delle aziende attente all’innovazione e al benessere dei propri dipendenti, traducendosi in un vero e proprio trend, per altro, in crescita costante. Solo nell’ultimo anno è stato riportato un incremento del 20% rispetto al 2018 per un totale di 570mila dipendenti distribuiti nel 58% delle imprese medio-grandi italiane.

È stato osservato come lo Smart Worker, avendo maggiore libertà di tempo, movimento e gestione delle proprie mansioni, incrementi il proprio rendimento lavorativo, instaurando un circolo virtuoso di fiducia con dirigenti e colleghi.
È una prova di grande responsabilità che tuttavia rivela moltissimi vantaggi. Il più evidente è l’incremento di quello che viene chiamato Work-Life Balance, ovvero il rapporto positivo fra tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato ai propri interessi con una risultante positiva in termini di benessere psicofisico. È stato dimostrato come lo smart worker subisca minori stress, organizzando le proprie mansioni in completa autonomia, rispetto a tutti quei lavoratori che ogni giorno hanno l’obbligo di recarsi in azienda. Pensate, anche solo per un secondo, a non dover avere lo stress di cercare parcheggio o aspettare i mezzi pubblici. Ecco.

Quali sono le norme che regolarizzano i contratti per il Lavoro Agile?

  • Primo fra tutti, sembrerà banale dirlo, ma è necessario un accordo fra le parti che dichiari la posizione lavorativa come Smart o Agile, quindi senza obbligo e vincolo orario;
  • per policy aziendale il contratto deve contenete il diritto alla disconnessione, ovvero la possibilità da parte del dipendente a non poter essere reperibile nei giorni festivi, in orari che non interesserebbero quelli lavorativi e nella eventuale malattia;
  • con l’entrata in vigore della legge di bilancio del 2019 è stato sancito che le categorie protette come le donne in maternità, fino a tre anni dopo il congedo, e i genitori con figli in condizione di disabilità, abbiano carattere preferenziale sulle richieste d’assunzione;
  • devono essere dichiarati i supporti tecnici e le tecnologie digitali con i quali è necessario svolgere la propria mansione;
  • in ultimo, ma non meno importante, il diritto di parità di trattamento retributivo definisce che non ci siano discriminazioni rispetto a chi si reca presso la sede fisica dell’azienda, come per questi ultimi è altresì prevista la tutela contro gli infortuni sul lavoro e il diritto alla malattia.

Queste sono solo alcune, le più caratterizzanti, delle clausole che un contratto per il lavoro agile debba prevedere. Ci sono delle ottime previsioni affinché tutte queste norme vengano disciplinate in modo unitario in maniera da poter essere inserite in un Contratto Collettivo Nazionale, il CCN per intenderci.

È importante sottolineare come le agevolazioni riguardino anche le imprese che decidano di abbracciare la pratica dello smart working offrendo la possibilità di ulteriori detassazioni fino a un margine di 3000 euro. Questo “bonus” è legato a fattori quali efficienza, innovazione e incrementi di produttività e viene riconvertito in PDR, ovvero Premio di Risultato (Legge 208/2015 e DM 25 marzo 2016). Il “Flexible work” è stato aggiunto nel Jobs Act come pratica di avanzamento per l’efficienza delle aziende, proprio in funzione del rapporto tra benessere lavorativo e miglioramento delle prestazioni. Se avete voglia di approfondire la normativa, vi invito a fare riferimento alla legge 81 del 2017 in cui sono approfonditi gli aspetti del contratto per lo smart working.

In una società in costante progresso tecnologico è naturale che alcune innovazioni in campo digitale conducano a cambiamenti che riguardano il nostro quotidiano, modificando abitudini e stili di vita. Attraverso l’utilizzo di strumenti di condivisione sempre più potenti siamo già nelle condizioni di poter preferire nuove filosofie di lavoro che guardino al futuro in una chiave di lettura sempre più green ed umanamente sostenibile, fondata sulla sinergia fra benessere e produttività.

Hai mai lavorato in smart working? Sono già migliaia gli annunci di lavoro che offrono questa possibilità.

Jessica Benfatto

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