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È il settembre 1897 e nell’Upper West Side di Manhattan le giornate scorrono uguali a tutte le altre. Virginia O’Hanlon apre il pesante portone della sua casa, la mano stretta in quella di sua madre. Cammina per strada superando alberi con poche foglie gialle, saltella tra le mattonelle del marciapiede e si stringe il colletto del suo grembiulino blu. Le feste e Babbo Natale sono lontani, anche se forse lei un pochino già ci pensa.
A Virginia piace andare a scuola: si diverte a giocare con i suoi amici, a imparare le tabelline. La maestra ha da pochi giorni insegnato a lei e agli altri compagni di classe come si scrive in corsivo. Virginia è brava, arrotonda tutte le lettere, si diverte a guardare quelle pance tonde della D e della B, e le viene sempre da ridere ogni volta che deve scrivere la H del suo cognome: tutti quei cerchietti sono buffi.
A ricreazione però i suoi amici le rovinano la giornata, forse perché quel pensierino s’è fatto frase pronunciata ad alta voce: – Che stupida! Credi ancora a Babbo Natale? Guarda che non esiste.
Virginia non dice nulla mentre tutti intorno a lei ridono e la indicano. Sente qualcosa che le blocca la gola, come una pallina di Natale ma liquida, che vorrebbe uscire dagli occhi. Lei deglutisce e la ricaccia indietro. Rimane in silenzio, torna al suo banchetto a mangiare la merenda da sola, vuole tornare a casa.

Quando suona la campanella mette via i quaderni veloce e non aspetta la maestra: corre giù dalle scale, incontro a suo padre, Philip O’Hanlon, assistente coroner del dipartimento di Manhattan. Virginia gli prende la mano e lo trascina via, verso casa: vuole solo sedersi davanti al camino, stringere il suo peluche fortissimo, e non pensarci più.
Ma suo padre ha capito che c’è qualcosa che non va: – Tesoro tutto bene? – le dice.
E allora Virginia lo guarda e non ce la fa più a trattenere il pianto e lacrime calde le scendono sulle guance, bagnando il suo grembiulino, mentre è ancora per strada. – I miei amici – dice tra un singhiozzo e l’altro – dicono che Babbo Natale non esiste. Ma esiste vero papà? Dimmi che esiste, papà.
E allora quest’uomo, un coroner abituato a fare domande scomode, a vedere vite spezzate in maniera violenta, davanti al cuore della figlia non trova le parole per consolarla. – Scrivi al giornale amore – è la prima cosa che riesce a inventarsi su due piedi, mentre cammina per strada con la figlia – If you see it in The Sun, it’s so. (“Se lo vedi nel Sun, allora esiste”).
E Virginia questo fa. Ha solo otto anni ma niente la ferma, come il padre vuole arrivare in fondo alla questione. E scrive al Sun, un giornale di New York molto diffuso nel 1800:
Caro editore,
ho 8 anni e i miei amichetti dicono che Babbo Natale non esiste. Mio papà dice che se lo vedo nel Sun, è così, esiste. Per favore dimmi la verità: Babbo Natale esiste?

Babbo Natale sul giornale
La lettera di Virginia arriva sulla scrivania di Francis Pharcellus Church, il direttore del The Sun. Church è un ateo convinto, un cinico, un ex corrispondente di guerra che si è fatto le ossa tra gli spari, il sangue e la morte. Forse è la domanda insolita a colpirlo, forse l’età di Virginia, oppure quei buffi riccioli alla H di Hanlon. Church prende la lettera, la legge e rilegge, ci riflette. E risponde alla fine, ma non solo a Virginia. Il suo editoriale esce anonimo sull’edizione del 21 settembre 1897 del The Sun.
Virginia, i tuoi amici si sbagliano. Sono stati contagiati dallo scetticismo tipico di questa era piena di scettici. Non credono a nulla se non a quello che vedono. Credono che niente possa esistere se non è comprensibile alle loro piccole menti. Tutte le menti, Virginia, sia degli uomini che dei bambini, sono piccole. In questo nostro grande universo, l’uomo ha l’intelletto di un semplice insetto, di una formica, se lo paragoniamo al mondo senza confini che lo circonda e se lo misuriamo dall’intelligenza che dimostra nel cercare di afferrare la verità e la conoscenza.
Sì, Virginia, Babbo Natale esiste. Esiste così come esistono l’amore, la generosità e la devozione, e tu sai che abbondano per dare alla tua vita bellezza e gioia. Cielo, come sarebbe triste il mondo se Babbo Natale non esistesse! Sarebbe triste anche se non esistessero delle Virginie. Non ci sarebbe nessuna fede infantile, né poesia, né romanticismo a rendere sopportabile la nostra esistenza. Non avremmo altra gioia se non quella dei sensi e della vista. La luce eterna con cui l’infanzia riempie il mondo si spegnerebbe.
Non credere in Babbo Natale! È come non credere alle fate! Puoi anche chiedere a tuo padre di mandare delle persone a tenere d’occhio tutti i comignoli del mondo alla vigilia di Natale per catturare Babbo Natale, ma se anche nessuno lo vedesse venire giù, che cosa avrebbero provato? Nessuno vede Babbo Natale, ma non significa che non esista. Le cose più vere del mondo sono proprio quelle che né i bimbi né i grandi riescono a vedere. Hai mai visto le fate ballare sul prato? Naturalmente no, ma questa non è la prova che non siano veramente lì. Nessuno può concepire o immaginare tutte le meraviglie del mondo che non si vedono e non si possono vedere.
Puoi rompere a metà il sonaglio dei bebè e vedere da dove viene il suo rumore, ma esiste un velo che ricopre il mondo invisibile che nemmeno l’uomo più forte, nemmeno la forza di tutti gli uomini più forti del mondo, potrebbe strappare. Solo la fede, la poesia, l’amore possono spostare quella tenda e mostrare la bellezza e la meraviglia che nasconde. Ma è tutto vero? Ah, Virginia, in tutto il mondo non esiste nient’altro di più vero e durevole. Nessun Babbo Natale! Grazie a Dio lui è vivo e vivrà per sempre. Anche tra mille anni, Virginia, dieci volte diecimila anni da ora, continuerà a far felici i cuori dei bambini.
Di anni ne sono passati un po’ da quel 1897 ma Babbo Natale esiste ancora. Esiste, soprattutto per quelli che non ci credono più. Noi di Bakeca speriamo che forse un giorno si ricrederanno e quando lo cercheranno, lo troveranno lì ad aspettarli.
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Bibliografia e Crediti:
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