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È il 16 dicembre 1944: Hitler ha appena inviato 400 mila uomini tedeschi a combattere contro gli Alleati nelle Ardenne, una regione della Germania Occidentale. È un luogo desolato: ci sono solo alberi e neve. Gli americani lo hanno scelto apposta perché è il punto più scoperto delle difese naziste ma il Führer non si è lasciato ingannare. Le temperature scendono sotto lo zero anche durante il giorno e combattere è difficilissimo ma nessuno fa marcia indietro. Hitler e il suo esercito respingono gli Americani verso ovest dove sono posizionate altre truppe tedesche. Il 16 dicembre 1944 inizia la battaglia delle Ardenne che durerà sei settimane.

Ma non è di questo che parla la nostra storia, o perlomeno, la guerra c’entra solo in parte. Oggi parliamo di Fritz Vincken, un dodicenne che nel dicembre 1944 vive nella foresta di Hurtgen a qualche chilometro dalle trincee, dove muoiono i soldati di entrambi gli schieramenti. Fritz vive con la madre, Elizabeth, in un piccolo capanno: si sono rifugiati qui dopo l’inizio della guerra e speravano di rimanerci fino alla fine senza essere visti, ma non è andata così. Sono una piccola famiglia tedesca, molto patriottica, ma senza un uomo in casa è difficile sopravvivere in città, meglio la solitudine delle montagne. Sentono le urla e gli spari ma nessuno si è addentrato nel bosco, non ancora. 

Arriva la vigilia di Natale: la notte è limpida e senza luna, il cielo pieno di stelle. Dalle finestre si vedono i ghiaccioli pendere dal tetto ma nel capanno si sta bene. Elizabeth sta cucinando pollo e patate: si è concessa questo lusso per festeggiare la nascita di Gesù, sperando che porti fortuna e un po’ di pace. 

Mentre aspettano che il cibo sia pronto, qualcuno bussa alla porta. Madre e figlio si guardano spaventati: sono le sei di sera, fuori è buio e nessuno viene mai a trovarli. Elizabeth si alza e si avvia alla porta, i colpi diventano più insistenti. Quando apre, la donna rimane immobile per qualche secondo: due americani, armati, vogliono entrare in casa sua.

Il nemico è alla porta

Elizabeth non sa cosa fare: se chiudesse la porta gli uomini la sfonderebbero, se li facesse entrare chissà cosa potrebbe succedere a lei e Fritz. Magari gli Americani non faranno loro del male ma sono il Nemico, se venissero scoperti dai tedeschi a dare rifugio a queste persone potrebbero essere giustiziati. 

Poi Elizabeth sente un lamento: i soldati senza dire una parola si spostano e lei vede, accasciato a terra, un terzo uomo. La neve intorno a lui è rossa.

Elizabeth chiama Fritz. Non c’è altra decisione possibile: li fa entrare e fa sdraiare l’uomo ferito sull’unico letto della casa. Uno dei suoi commilitoni comincia a medicarlo utilizzando delle lenzuola. L’altro, incespicando un po’ in francese e utilizzando i gesti, chiede alla donna se può esserle d’aiuto: Elizabeth manda Fritz a prendere un pollo più grande, più patate e i tre cominciano a cucinare insieme.

L’uomo racconta che hanno perso il loro battaglione di tremila uomini e non sanno più come ricongiungersi con il resto delle truppe. Si sono persi ma sperano l’indomani, con il sole, di riuscire a ritrovare la strada. Il clima è allegro: è la vigilia di Natale in fondo.

Tump tump tump. Bussano di nuovo alla porta. Elizabeth guarda gli uomini ma loro sono spaventati quanto lei. Potrebbero essere altri americani oppure tedeschi. La donna va alla porta: – Frohe Weihnachten – dice uno di loro.

– Buon Natale a voi – risponde. La sua voce trema.

– Ci siamo persi e stiamo cercando un riparo per la notte.

Elizabeth chiude veloce la porta e dice ai soldati che prima di entrare, devono posare le armi sulla catasta di legna. Loro sono un po’ perplessi ma obbediscono. Solo in quel momento, Elizabeth comunica loro che ci sono altri ospiti nel capanno.

– Americani? – chiede uno facendo un passo verso le armi.

– Sì, uno è ferito. Anche loro si sono persi – Lui guarda i suoi compagni e fa un altro passo.

– Siete tutti così giovani, potreste essere miei figli – dice Elizabeth all’uomo che le sta di fronte. Il tedesco allunga una mano, è vicina al fucile.

– È Natale – dice la donna – non ci saranno sparatorie qui.

L’uomo indugia ancora un secondo, poi torna verso di lei – Va bene – acconsente.

Elizabeth li fa aspettare ancora un momento, avvisa gli americani e chiede a Fritz di portare fuori anche le loro armi. Poi fa entrare i tedeschi nel capanno.

La porta si chiude e per un momento tutti sono immobili e si guardano, illuminati solo dalla luce delle candele. L’unica cosa che hanno in comune tutti è il profumo del pollo che sta cuocendo sul fuoco e l’età: il più grande tra di loro avrà sì e no 23 anni, lo si vede dal viso che ancora ha i lineamenti dolci del bambino che è stato.

Uno dei tedeschi vede l’americano sofferente sulla brandina, si avvicina e comincia a controllare le ferite. In un inglese incespicato dice che è fortunato, il gelo ha impedito la formazione di qualsiasi infezione, sopravviverà. Lui prima di arruolarsi stava studiando medicina, e se glielo si permette medicherà meglio la ferita. L’americano annuisce e tutti tirano un sospiro di sollievo: non succederà nulla quella notte.

Così, nella sera del 24 dicembre 1944, americani e tedeschi fanno una tregua: si siedono allo stesso tavolo, bevono dalla stessa bottiglia, ridono e scherzano come se fossero amici da una vita. Dopo la cena, Elizabeth convince tutti a uscire per guardare le stelle, aspettando la mezzanotte. Infine, dormono tranquilli sul pavimento, insieme, i piedi di uno vicino alla testa dell’altro.  

Il mattino, dopo la colazione, i soldati recuperano le armi. Può scoppiare una rappresaglia ma guardandosi negli occhi quei ragazzi capiscono che non sarebbe servito a nulla. Anzi, i tedeschi indicano la strada agli americani per trovare i loro accampamenti e così Fritz e Elizabeth li guardano piano allontanarsi, affondando i piedi nella neve, alcuni a destra, altri a sinistra, pensando a come quei ragazzi avrebbero potuto morire di lì a poche ore, per mano di persone con cui avevano condiviso un pasto e un riparo per la notte.

L’incontro

La battaglia delle Ardenne si concluse il 25 gennaio 1945 con la vittoria degli Alleati: i morti di entrambi gli schieramenti furono più di diciannovemila. Fritz e sua madre tornarono verso la città e crebbero: Elizabeth morì nel 1960, Fritz si sposò e andò a vivere alle Hawaii. Negli anni raccontò spesso questa storia e l’insolita tregua venne narrata da giornali e serie televisive. 

Il 24 marzo 1995 va in onda un episodio di Misteri Irrisolti, un programma americano condotto da Robert Stack dove vengono riesumati alcuni cold case (veri o meno) cercando di ricucirne i fili. Fritz Vincken, ormai sessantatreenne, lancia un messaggio agli spettatori durante la puntata a lui dedicata: “Ricordo i nomi dei soldati americani, si chiamavano Ralph e Harry. Se qualcuno sapesse dove si trovano mi piacerebbe rivederli”.

In trasmissione chiama un cappellano del Maryland: ha visto la puntata e un residente della casa di cura in cui lavora gli ha raccontato una storia simile. Si chiama Ralph Blank

Fritz Vinken e Ralph Blank

Misteri Irrisolti organizza l’incontro: Fritz e Ralph si trovano di nuovo dopo cinquantadue anni allo stesso tavolo. La famiglia dell’ex soldato prepara, per l’occasione, pollo con patate.

Tutti piangono. Ralph, molto commosso, dice a Fritz: – Tua madre mi ha salvato la vita.

Fritz stringe le mani di quel signore, quello che ha conosciuto quando era solo un ragazzo. Hanno condiviso poche cose, ma sono state importanti. Entrambi gli uomini sono lì grazie a Elizabeth e al suo coraggio: è una donna normale, senza poteri o forza, solo con parole e un po’ di cibo, a portare la pace in una lontana notte di Natale.

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Bibliografia e crediti:

  • Mistery Tribune
  • Wikipedia
  • Il nuovo torrazzo
  • Kasbah.altervista
Giada Guerreschi
Giada Guerreschi